Covid e bambini: una crisi sanitaria che rischia di divenire una crisi dei diritti dei minori

Oggi, rispetto al 9 marzo in cui è inziato il lock down si conoscono molte cose sul Covid19 e l’infanzia, pur in un quadro in cui a molti interrogativi ancora non si è in grado di rispondere con sufficiente certezza scientifica. Provo quindi a dare delle risposte, frutto dello studio della letteratura scientifica ad oggi, alle domande che più frequentemente mi vengono poste dai genitori su questo tema (per approfondimenti riporto una essenziale bibliografia in calce).

 

1. Per comprendere le scelte migliori ci stiamo affidando ad esperti che applicano “metodi scientifici”. Ma in cosa consiste il metodo scientifico e perché degli scienziati possono arrivare a conclusioni diverse?

Il metodo scientifico si declina in vari steps, finalizzati ad ottenere conoscenze sempre parziali (come tessere di un mosaico!) dell’infinito mistero della vita e della morte. Il ricercatore sperimenta come sia vero il noto aforisma: “più so più so di non sapere”. Il metodo scientifico in medicina prevede: 1)osservazioni sistematiche di quanto accade; 2) raccolta delle informazioni con metodo rigoroso; 3) analisi dei dati con complessi approcci statistici; 4) studio critico degli stessi alla luce delle attuali conoscenze; 5) pubblicazione su riviste scientifiche di prestigio, in cui ciascun articolo viene rivisto da esperti e spulciato in ogni sua parte prima di essere accettato; 6) confronto aperto e franco dei risultati con altri ricercatori indipendenti in diverse parti del mondo. In una condizione come la pandemia da Covid19 ci troviamo a combattere un virus non conosciuto (quasi un alieno sulla Terra!), che porta gravi conseguenze e si comporta in maniera anomala rispetto ad altri suoi “cugini” virus. Il mondo scientifico lo studia con un impegno enorme, sperando di trovare sia terapie che vaccini efficaci. Tuttavia si sta imparando come muoversi “work in progress”, mano a mano che nuovi studi e conoscenze si sommano, senza però riuscire sempre a colmare aree grigie, in cui le informazioni disponibili sono scarse. I pareri diversi tra loro dei ricercatori sono spesso legati a queste aree di conoscenza ancora approssimativa. Tuttavia generalmente  le differenze sono solo marginali, pur se possono sembrare molto significative a chi non è addetto ai lavori. Inoltre tali differenze sembrano più marcate da scelte a volte lente da parte delle  Autorità per la rigidità dei tempi della politica.  Ma tutto ciò non deve farci perdere fiducia nella scienza, al contrario: solo gli ignoranti o gli imbroglioni dicono di sapere tutto, mai invece sentirete questa affermazione nelle parole di uno scienziato! Ed ai politici è poi l’arduo compito di fare sintesi tra esigenze di tutela della salute, rispetto dei principi costituzionali, tutela dell’economia e della Società nel suo insieme.

 

2. Quale è il rischio per un bambino di ammalarsi e/o di essere portatori di infezione verso gli adulti?

Le informazioni che ad oggi abbiamo ci dicono che i bambini (fino a 17 anni)  positivi al Covid sono solo il 2%      del totale della popolazione infettata, a fronte di un atteso del 20% (essendo la popolazione infantile circa 1/5 della totale). Anche se potrebbero esserci dei limiti collegati alla metodologia di laboratorio con cui si cerca la positività al Covid, molteplici studi sembrano ad oggi suggerirci che il bambino è poco suscettibile ad essere infettato da questo virus. Inoltre, al contrario di quanto avviene ad esempio con l’influenza in cui i bambini sono i principali untori, essi risultano bassissimi diffusori di Covid agli adulti: nella quasi totalità dei casi di bimbi positivi erano stati gli adulti a trasmettere loro il virus e non i bambini agli adulti o ai coetanei! Se questa informazione sarà confermata avrà importanti conseguenze per la riapertura di scuole e centri sociali, in cui sarà molto più importante  siano gli educatori ad usare cautele, avendo poco da temere che i bimbi si infettino tra loro giocando e socializzando.

 

3. Cosa rischiano i bambini che si ammalano di Covid e cosa sono le manifestazioni cutanee che sembrano presentarsi in alcuni bambini positivi al Covid?

I sintomi presentati dai bambini e dai ragazzi fino ai 17 anni positivi al Covid sono sempre molto lievi o assenti, fatta eccezione di rari casi, in cui altresì il bambino presentava quasi sempre altre patologie. Alcuni autori segnalano sporadici casi di manifestazioni cutanee “tipo geloni” alle estremità delle dita e dei piedi, variamente accompagnate da altre manifestazioni cutanee o più raramente da vasculite (malattia like Kawasaki): in ogni caso interessano pochissimi bambini e hanno decorso generalmente favorevole. Possiamo quindi dire al momento che il Covid non è generalmente pericoloso per la salute dei bambini e dei ragazzi, tranquillizzando i genitori su tale essenziale aspetto.

 

4. Questo periodo di lock down e la chiusura delle scuole quali conseguenza ha avuto e avrà sui bambini?

La risposta coinvolge molti temi. Certamente, così come denunciato da organizzazioni internazionali, i più a rischio sono i bambini che vivono in situazione di maggiore vulnerabilità: disabilità, malattie croniche, bisogni educativi speciali, povertà materiale, sociale, sovraffollamento (il 42% di cui il 7% in grave disagio secondo Istat). Inoltre, in un contesto in cui i bambini obesi sono circa il 30% della popolazione, in considerazione che l’eccesso ponderale è frutto della dieta e della sedentarietà, è forte il rischio dell’aumento di tali percentuali. Ciò è confermato da una ricerca condotta dall’ Università di Verona che testimonia il notevole aumento in questo periodo, per i bambini scolarizzati e gli adolescenti, di ore davanti al PC, con netta riduzione dell’attività motoria e aumento del numero dei pasti. Ulteriore rischio sarà il persistere di tali scorrette abitudini di vita anche dopo il lock down, cosa che avrebbe pesanti ricadute sulla loro salute.

 

5. La scelta di chiusura delle scuole è da perseguire? Cosa deve determinare la scelta?

La scelta di chiudere le scuole nella primissima fase dell’emergenza era l’unica possibile sulla base delle conoscenze epidemiologiche di cui si disponeva 3 mesi fa. Oggi dobbiamo tenere conto delle nuove conoscenze: a) sappiamo che i bambini sono pochissimo contagiosi e a basso rischio di infettarsi tra loro; b) vi sono rischi per la salute fisica e psichica legati al  perdurare della  mancanza di significativi rapporti educativi e psicosociali; c) la ripresa del lavoro dei genitori richiede di trovare soluzioni per affidare i bambini ad altri adulti (nonni, baby sitter, ecc..) e ciò espone a rischio di contagio senza fornire adeguato supporto educativo; si possono immaginare nuovi modelli di erogazione dei servizi educativi che siano diversamente organizzati per spazi, tempi, controlli, in modo da ridurre al minimo il rischio di contagio (che tuttavia non potrà mai essere zero qualsiasi scelta si faccia!). In conclusione concordo con quanto scritto da Tamburlini e Ventura (MeB aprile 2020) “ occorre trovare un punto di equilibrio diverso tra il rischio di aumentare il numero di casi Covid-19 e la limitazione dei diritti del bambino”, dando adeguato valore alle situazioni di fragilità personale e sociale di tanti bambini e delle loro famiglie. Senza questa attenzione, come affermato dall’Unicef e da altre istituzioni a tutela dell’infanzia, “questa crisi sanitaria rischia di divenire una crisi dei diritti umani”.

 

di Raffaele Arigliani 

 

 

 

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